A TU PER TU CON IL DESIGN
Storie aziendali diverse, caratterizzate da prodotti destinati a mercati eterogenei, compongono quella realtà industriale che è caratterizzata da un comune denominatore: l’industrial design.
Vediamone le connotazioni attraverso l’occhio di Stefano Carozzi, designer che vive quotidianamente queste esperienze.
Dall’architettura al design del prodotto
Con un’esperienza ventennale maturata nella progettazione industriale, Carozzi Design opera in una struttura polivalente creata in modo tale da poter offrire al cliente una progettazione articolata, dall’architettura al design di prodotto.
“Psicopercettività, attenzione allo stile e all’ergonomia degli oggetti, considerazione delle problematiche di produzione” sintetizzano la chiave di lettura del design di Stefano Carozzi, titolare dell’omonima società di progettazione, con sede a Milano.
Fra le esperienze di Stefano Carozzi figurano collaborazioni con importanti gruppi industriali presenti in vari settori del mercato, fra cui quello dei pneumatici per auto, degli elicotteri e quello biomedicale.
Ci chiediamo, vista la varietà di settori in cui opera il design, se in tale mondo eterogeneo esistano comuni princìpi ispiratori.
“Direi di sì”, afferma Stefano Carozzi. “Basti pensare, ad esempio, all’aspetto economico legato ai materiali e ai processi produttivi per la realizzazione di un oggetto; una corretta funzionalità e uno stile accattivante devono entrambi fare i conti con costi di produzione contenuti. La conoscenza delle tecnologie produttive da adottarsi per la realizzazione di un prodotto industriale diventa fondamentale, di qualunque oggetto si tratti, condizionandone spesso la stessa elaborazione stilistica”.
“Ad esempio, per il settore biomedicale, nel quale opero da 20.anni”, continua Carozzi, “l’aspetto di economicità si è fatto sempre più rilevante per le particolari condizioni di mercato e, soprattutto in relazione alla collocazione tipica di questi prodotti, l’attività di design viene spesso rivolta alla revisione in chiave moderna di apparecchiature tradizionali, ovvero alla reingegnerizzazione del prodotto”.
“L’Industrial Design assume in simili casi una ruolo specifico, nel quale emerge una crescente attenzione alle problematiche delle lavorazioni che, laddove possibile, tendono sempre più a spostarsi dalla carpenteria allo stampaggio in materiale plastico, meglio rispondente alle esigenze estetiche e ai livelli quantitativi richiesti dall’azienda committente”.
Come nasce un nuovo progetto di Design?
“In genere”, afferma Stefano Carozzi
L’interazione iniziale fra designer e committente avviene con la dichiarazione delle specifiche del nuovo prodotto, con dettagli e informazioni che coinvolgono l’area tecnica e quella del marketing aziendale.
Accade spesso che un prodotto funzionalmente tradizionale, quindi già consolidato sotto il profilo tecnologico, nasconda nella sua apparente semplicità qualcosa di innovativo, che deve essere espresso attraverso accorgimenti di design che lo trasformano in un oggetto dotato di capacità comunicative.
“Valga come esempio, certamente non unico, quello di un nuovo pneumatico automobilistico che, attraverso alcuni interventi stilistici, si trasforma da semplice elemento funzionale a vero e proprio oggetto di design, in grado di identificare una particolare funzione, come ad esempio la sportività dell’auto sulla quale dovrà essere montato”.
“Basti pensare che un pneumatico sportivo dovrà collocarsi su un’autovettura con carrozzeria dalla forma aerodinamica; il suo design dovrà esaltare stile e prestazioni dell’auto”.
Qual’è il rapporto fra stile e funzionalità?
Stefano Carozzi ritiene che “nel moderno design occorra innanzitutto considerare l’importanza dell’ergonomia, i cui princìpi suggeriscono in buona parte la stessa forma dell’oggetto, soprattutto nel caso di prodotti con funzionalità legate a specifici utilizzi e laddove la forma si interseca con tali funzionalità”.
“Potrei citare ad esempio, prelevandolo dal catalogo di prodotti con i quali ho avuto a che fare”, aggiunge Carozzi, “il caso di un’apparecchiatura per indagine radiologica, dove la forma del lettino è stata studiata in modo tale da poter risultare particolarmente accogliente nei confronti del paziente e dove il quadro operativo è stato posizionato in modo tale da semplificarne l’utilizzo da parte del medico, radiologo o fisiatra”.
“Pur non essendo una novità in assoluto, il design nel settore biomedicale ha assunto in questi ultimi anni un interesse specifico, sempre più articolato sotto vari aspetti”.
“L’attenzione del designer agli aspetti psicopercettivi permette di individuare forme idonee, capaci di ridurre l’impatto della macchina sulla persona; morbidità delle forme e delicatezza dei materiali costituiscono ulteriori ingredienti di un progetto geometrico che deve assumere forme antropomorfe per un migliore accoglimento da parte dell’utente”.
“Sono questi gli ingredienti del moderno designer, la cui attività va ben oltre i puri aspetti morfologici, con contenuti tecnologici perseguibili attraverso l’uso di materiali innovativi e di metodologie produttive appropriate”.
In contesti nei quali le funzionalità degli oggetti sono sostanzialmente consolidate da una lunga tradizione, il designer deve essere propositivo, magari trasferendo metodi e logiche provenienti da altri settori, affinchè una concreta innovazione possa coniugarsi con i principi fondamentali che presiedono al funzionamento intrinseco delle apparecchiature.
“In relazione alle problematiche dei settori in cui opero”, continua Carozzi, “anche la questione degli ingombri è prioritaria, perchè la collocazione delle apparecchiature nei cari ambienti può risultare ottimale se le stesse vengono concepite con una forma e una dimensione appropriate a tale scopo”.
“Sotto questo profilo il designer deve cercare di trovare soluzioni che, a prescindere dalla forma e da eventuali vincoli strutturali, siano collocabili anche in ambienti ristretti”.
Specializzazione settoriale, anzi no
“Per risolvere specifiche problematiche di settore e apportarvi, al tempo stesso, elementi innovativi”, l’opinione di Stefano Carozzi è che “la specializzazione di settore non sia fondamentale ma che, anzi, sia molto utile l’osmosi tecnologica proveniente da esperienze in altri settori, non necessariamente simili”.
“E’ tuttavia fondamentale”, prosegue Carozzi, “disporre di una certa umiltà, per potersi porre nei confronti del committente in un atteggiamento ricettivo, ascoltando consigli e suggerimenti di chi conosce bene il settore, perchè vi opera professionalmente”.
“Per queste ragioni il designer deve considerarsi un partner creativo accanto alle persone che operano presso l’ufficio tecnico dell’azienda committente. Solo attraverso questa collaborazione, che nasce innanzitutto da uno spirito di condivisione creativa, è possibile individuare le effettive esigenze, interpretarle correttamente e cogliere così reali opportunità di miglioramento dei prodotti”.
In questo coinvolgimento, il designer assume non solo il tradizionale ruolo di stilista, ma quello di reale innovatore, attraverso l’applicazione di criteri di semplificazione operativa.
Esperienza per l’innovazione
Ma l’innovazione è figlia dell’esperienza o della creatività?
“La creatività è oltre ogni dubbio un elemento fondamentale nello svolgimento della professione di Industrial Designer .
Un impatto prettamente artistico, da solo, non è sufficiente per impostare una valida progettazione , difficilmente potrebbe armonizzarsi con i molteplici limiti imposti dal Committente, dai materiali,dai costi di realizzo e dal mercato di destinazione finale.
Mediante l’esperienza professionale (unita alla creatività) il Designer invece acquisisce una vera metodologia progettuale, che con il tempo diviene un automatismo, consentendogli di realizzare un progetto con le giuste qualità estetiche ,tecniche e tecnologie ,per giungere alla logica conclusione di una forma corrispondente alla sua funzione ”
Tecnologie e strumenti per il moderno design
“Che le tecnologie Cad siano diventate fondamentali nell’industrial design”, precisa Stefano Carozzi, “direi che è fatto scontato”.
“Gli strumenti di elaborazione digitale sono indispensabili per poter non solo ottimizzare il progetto ma anche migliorare la comunicazione con i partner di una collaborazione industriale. File digitali con ogni dettaglio geometrico accompagnano ogni elaborato grafico del designer, che l’ufficio tecnico del committente tradurrà in progetti ingegneristici per la successiva fase produttiva, spesso preceduta dalla realizzazione di prototipi”.
“Il rapporto del designer con la tecnologia non si esaurisce però negli strumenti Cad, ma si estende a tutta l’area dei materiali e delle metodologie di prototipazione e produttive, che richiedono quindi allo stesso designer una costante attenzione all’evoluzione tecnologica, ovunque essa si annidi”.
Giovanni Albertario Il progettista Industriale.